Le figure retoriche possono essere suddivise in quattro grandi gruppi. Scopriamo il secondo

cropped-matita-e1466586733236-1.pngA cosa servono le figure retoriche? Ad arricchire il testo, utilizzando espedienti utili a creare sospensione, rafforzamento, comparazione con concetti simili, smorzamento, effetti sonori e tanto altro. Un bravo scrittore padroneggia anche le figure retoriche. Oggi scopriamo…

“Figure di pensiero” 
(non agiscono sul valore o significato delle parole, ma sull’organizzazione concettuale del testo)

ANTITESI (o CONTRAPPOSIZIONE). Un accostamento di idee, termini e concetti di senso opposto (Es.: temo e spero, e ardo e son un ghiaccio, Petronio)

OSSIMORO. Forma sintetica di antitesi, in cui si accostano nella stessa espressione (spesso nella coppia sostantivo+attributo) parole di senso opposto (Es.: sono giunto alla calma disperazione, Caproni)

LITOTE. Ovvero l’affermazione di un concetto che si realizza negando l’opposto (Es.: Don Abbondio non era nato con un cuor di leone = era molto pavido; non mi sei indifferente = ti considero molto)

PERSONIFICAZIONE (o PROSOPOPEA). Consiste nella raffigurazione di animali cose o entità astratte come fossero persone (frequente nelle favole)

ALLEGORIA. Si parla di qualcosa per significarne un’altra. Sembra assomigliare alla metafora, ma nell’allegoria si rimanda sempre a concetti o entità astratte, ed è estesa a un pensiero intero (Es.: ho sempre pensato che tutte le altre tempeste Milone dovesse affrontarle solo tra i flutti ben noti delle assemblee popolari, Cicerone)

EUFEMISMO (= dire bene, anche al posto del male). L’arte di esprimere in modo allusivo una realtà spiacevole o funesta (Es.: è passato a miglior vita = è morto)

DISFEMISMO. È il fenomeno – usatissimo nell’italiano parlato – per cui un’espressione negativa viene usata affettuosamente al posto di una positiva. E tuttavia prende valore positivo al di là del suo significato letterale. Così possiamo chiamare un bambino dicendogli “Vieni qui, delinquente!“; oppure possiamo parlare di un amico che si chiama Gaetano chiamandolo Gaetanaccio, senza avere nei suoi confronti alcuna volontà offensiva. Il procedimento è valido in alcune regioni italiane anche per parole volgari e offensive che nel parlato amichevole assumono un significato di quasi-complimento.

RETICENZA (o APOSIOPESI o SOSPENSIONE). L’interruzione intenzionale di una frase che lascia al lettore il compito di completarla (Es.: E la sventurata rispose…)

HYSTERON PROTERON. Consiste nel collocare prima ciò che viene dopo (Es.: moriamo e gettiamoci in mezzo alle armi, Eneide II 353)

IRONIA (o ANTIFRASI). Esprimere un concetto attraverso il suo opposto (Es.: Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre, Manzoni)

Nei prossimi articoli scopriremo le figure del significante e del suono e le figure di significato (anche dette “di traslato”). Continua a seguirci!

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Figure retoriche / Parte 2
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